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mercoledì 24 agosto 2011

Elenco Capitoli-Riassunto












Capitolo primo:

Capitolo terzo:




Capitolo Primo


   La storia narra la vicenda di Caos, un giovane elfo discendente della luce. Dopo un lungo viaggio, per cercare il modo di trovare la soluzione di riportare il suo mondo (Zholown) come prima, finalmente è riuscito ad arrivare al termine, dentro un cubicolo roccioso. La trama continua grazie al "ricordo" del suo passato.
   La sua vita scorreva tranquillamente nella sua città, Artenos. Era un cercatore di pietre sacre, destinate al suo dio Ràal, che, insieme agli altri déi (Meeres per gli elfi di acqua, Asmon per quelli di aria, Shaemea, la dea, destinata a quelli di fuoco e Imuset per gli elfi di terra), custodisce e controlla tutta la terra.

   Era l’ultimo giorno di un'Epoca. Doveva raccogliere più pietre possibili per far esaudire le sue richieste, e non solo. Doveva “accontentare” il suo dio,  cosicché non scatenasse la sua ira.

  Arrivò, passando tra la sua casa e la metropoli simile a un labirinto complesso, fino al luogo della ricerca. Lì incontrò i suoi amici, tra i quali Eresm (l’amore della sua vita, che mai l'aveva corrisposto), Shauthoros, Kersko, Kalipsos e Xenophia. Tutti suoi coetanei.
   Cercando e cercando, dopo tanto tempo, sorbendosi ancor prima la polemica di Eresm, trovò per caso una pietra inusuale. Lo fa rimanere perplesso, così si ritrovano anche i suoi amici, che lo fanno desistere dal desiderio di possederla, tanto che insistono nell’idea di fargliela vedere a sua madre Ametite, un “ufficiale controllore”, cioè un’elfa di grado superiore che controllava le pietre, le inseriva in sacche diafane (denominate placente) con la magia e poi trasportate dall'Albero Naa, il diretto interlocutore degli déi.
   Soltanto al pensiero Caos trema, perché il suo rapporto, con entrambi i genitori, è abbastanza freddo e distante.

   Alla fine della ricerca tutti si avviano verso il tempio Kàmas. Un luogo sacro che è in grado di purificare tutto ciò che gli passa attraverso.
   Era sera. Era arrivato il momento di dare tutte le pietre della salvezza al loro dio. Ma Caos non riesce a parlare con sua madre, che viene brutalmente rimproverata dal padre di Kalipsos e folgorato dallo stesso, ma oltretutto mente ai suoi amici. Con un gesto veloce nasconde la strana gemma e se la tiene con sé, osservando le placente sfrecciare via, andando direttamente dal’Albero Naa.

   Passa la notte, non dormì. Quello strano oggetto lo tenne sveglio. Si Alzò e preparò. 
   Era arrivato il momento di danzare e festeggiare. Un’Epoca era passata, il giorno dopo avrebbe dovuto combattere per conquistare la sua bella. Ma in quel momento doveva soltanto pensare a divertirsi, se non fosse stato per una grande sfuriata dei suoi genitori, ancor più animata da suo padre Arkanos.
   Il discorso si interrompe bruscamente, anche perché Caos voleva andare alla festa senza pensieri, essendo poi chiamato dai suoi amici grazie a una codificazione del pensiero che veniva poi trascritto in un punto determinato della casa. 
   Uscì, grazie al teletrasporto, e andò nella piazza principale della festa. Lì vide Eresm, ma ancor prima lui ballò insieme a Xenophia. Aveva fatto un patto con Shautoros: avrebbe prima danzato con Eresm, poi gliel’avrebbe concessa e lui avrebbe fatto lo stesso con il suo amico, che aveva un debole per Xenophia.     L’intreccio amoroso però non era finito, perché lei aveva un debole per un altro e la giovane sorella di Kalipsos, Amelìa.

   Finalmente Caos può ballare con la sua amata e solo in quel momento si “ricorda” di avere con sé la pietra, perché gli "chiede" di andare dalla statua del loro dio, che è dinnanzi alla cittadina.
   Lui trascina di soppiatto Eresm fino lì, le fa vedere la pietra e, d’impulso, inserisce la gemma dentro una fessura.
   Si sentì un urlo di dissentimento. Era sua madre.
   La terra si spaccò e si frantumò. Tutto si muove. Eresm andò a finire dentro un fosso, una crepa, da dove scorre lava.
   Lui l’afferra, ma per quanto ci prova, le scivola. Il suo nome echeggiò dalla sua bocca quasi all’infinito. Era sparita nel nulla, mangiata dal magma proveniente dalla città di Epsotek, metropoli del Fuoco. Tra le sue mani si ritrovò soltanto il suo anello. 

   Tutti i cinque elementi si erano confusi, e non solo loro.

   Caos, poco lontano da lui, trovò i genitori rinchiusi nel cristallo. Erano vivi.
   Lì, vicino ai suoi piedi, vide e prese la spada del padre, che aveva pensato a lui, a proteggerlo. Forse sapeva cosa stava succedendo. Forse il suo era un “avviso”.
   Caos non poté far altro che correre verso Artenos (totalmente spaccata) per appurare che i suoi amici, i suoi concittadini, fossero salvi. Lì però trovò soltanto alcuni dei suoi coetanei. Altri sono stati inghiottiti. Tra di loro c'erano anche gli elfi delle altre città, delle altre specie, tranne quelli di fuoco.

    Era cambiato tutto. “Le situazioni erano inverse. I poli corrotti. Era tutto un miscuglio. Ebbi paura.
   Stravolto da tutto ciò che avevo appena visto, mi mossi con delicatezza, pronto a iniziare il viaggio, da solo, nella speranza di trovare la soluzione e perlomeno qualcuno.”



Capitolo Secondo


   Caos era in viaggio. Era determinato ad andare dall'albero Naa. Sperava che in qualche modo lui avrebbe saputo dirgli perché era successo questo.
   Addosso aveva l'armatura che avrebbe dovuto indossare il giorno seguente. Si sentiva così più al sicuro. Non sapeva cosa avrebbe incontrato.

   Rimuginava contro se stesso. Si fa delle domande, che nessuno avrebbe potuto dare risposta. 

   Arrivò vicino all'albero, lo intravide ma venne distratto da una voce femminile, che sembrava quella di Eresm. Le corre in suo aiuto. Essa, come l'altra elfa, sta scivolando in un dirupo. Difatti l'albero Naa è andato a collassarsi verso l'interno, creando una grande fossa.
   La salvò, lui è gioioso nel rivedere Eresm, ma non è lei. Era un'elfa del fuoco, che tra le sue braccia lo scambiò per un'altro, Leonos. 
    Dopo aver appurato che nessuno dei due era chi loro cercavano, l'elfa incominciò a sfogarsi avvertendolo del fatto che tutta la sua stirpe era stata sterminata, a dispetto di quella di Caos.
    La sconosciuta rimase stupita dalla notizia e intraprendono un discorso, che da avvio alle presentazioni. Lei si chiama Ismeria. Ma, tra una battuta e l'altra, viene a scoprire che la causa di quella distruzione è Caos.
   Inveì contro di lui, che tempestivamente la fece ragionare e le propose di andare in sua compagnia dall'Albero Naa. Ismeria acconsentì.
   Con un gesto atletico arrivarono nel luogo della destinazione. Caos si accorse solo lì che anche la naturale posizione delle città erano scoordinate. Se prima Artenos era ad Ovest (A nord Epsotek, a est Deltes, l’isola che teneva la metropoli dell'Acqua. A sudest era collocata Gamilok, la città della natura e a sudovest c’era Betkhotos, la città dell’aria. La forma della terra era a stella a cinque punte), in quel momento Artenos era a Nord, susseguita in ordine orario dalle altre città, quindi: Betkholos, Gamilok,Deltes ed Epsotek. 

   Appurato questo stravolgimento ulteriore, Ismeria improvvisamente si accorse che, vicino al pilastro che si collegava come un'arteria alla corteccia di Naa, la pietra d'oro. 
   Ci si avvicinò, ma venne prontamente respinta. Seppur visibilmente ferita, anche se Caos si preoccupò di lei, essa dissentì e lo allontanò, invitandolo ad affrettarsi a parlare con l'interlocutore degli déi.
   Così fu. Con il pensiero riuscì a domandargli ciò che lui voleva sapere, e di conseguenza Naa gli rispose, grazie al messaggio scritto che comparse davanti agli occhi degli elfi. Gli spiegò che tutto ciò che prima era nella "normalità", era stato traumaticamente sconvolto e, visto che era stato lui a comportare tutto ciò, così doveva trovare le altre quattro pietre disperse nelle altrettante cittadine, eliminando inconsapevolmente nella ricerca Ismeria.
   Nel luogo "dedicato" a Betkolos si aprì un passaggio.

 " Arrivammo d’innanzi a una porta aperta, collegata al tronco semitrasparente e azzurrino. Ella ci invitava a entrare. Mi sentii prendere la mano, che tremava di paura. Andammo in avanti e ci sentimmo trasportati in un altro posto, pronti entrambi a sconfiggere ciò che ci avrebbe atteso."


Capitolo Terzo.


Senza pochi dolori riuscirono a teletrasportarsi dentro il tempio della città dell'aria. La visuale non era delle migliori. Come Artenos, anch'essa era una maceria "galleggiante", dato che le sfere, un tempo case dei cittadini, erano sparse nel cielo oscuro tempestato da fulmini, semidistrutte.

  Ismeria prese l'iniziativa, cioè convinse Caos ad andare nella zona "piana", andando a cercare lì l'altra pietra, perché sarebbe stata una perdita di tempo andare a cercarla nelle case. Sicuramente, pensò, era scivolata dove lei aveva pensato.

   Così fecero. Procedettero. Mugolarono tra sè e sé e Caos trovò, tra le gabbie di cristallo, trovò il suo amico Shautoros, rinchiuso.
    Gli andò incontro, cercando di liberarlo, senza poter fare nulla. Ismeria, dal canto suo era attonita da quella visione, dato che lei aveva nessuno dei suoi vivi, e non riusciva a capire come gli altri potessero esserlo e ci rimase enormemente ferita, ma stranamente felice da ciò che la circondava. Forse ritrovava lì la sua cittadina. Caos cercò di distoglierla, di farla proseguire e solo in quel momento intravidero una coppia di elfi dell'aria intrappolati nelle gabbie trasparenti, che fluttuavano in un lago di magma.   ma non solo lui. 
In una pozza di magma trovò degli elfi di aria poco lontani tra di loro. Gallleggiavano, seguendo il ritmo della lava.
   Caos indietreggiò. Trovò sotto i suoi piedi un arco inconsueto. Ismeria, con mano furtiva, lo prese e immediatamente dopo una domanda dell'elfo, che le chiedeva cosa servisse un'arma del genere, lei gli sfrecciò accanto al viso una freccia, facendolo notevolmente imbestialire. Non riusciva a comprendere le intenzioni della sua amica, che parve non curarsene di ciò che aveva fatto.
    Caos incalzò, chiedendo maggiori informazioni, ricevendo come risposta ammonitiva che lei voleva soltanto vedere come funzionava, sorprendendosi della poca fiducia riposta nell'amico, giustificandosi poi che si era portata con sé l'arco per pura difesa, ripetendo a memoria l'avviso dato da Naa.
  Senza preavviso una grande sfera si catapultò, come una scheggia, a terra. Strisciò, creando una grande fossa.  I due decisero prontamente di andare a guardarci dentro, per vedere se ci stava la pietra sacra, reputando quell'avvenimento come un segno dato da Asmon, il dio di Bethkolos. 

     I sentimenti di Caos si fecero confusi, sentendo le parole di Ismeria. In cuor suo non voleva separarsi da lei. Sapeva che, quando tutto sarebbe finito, si sarebbero separati definitivamente.

    Senza troppe difficoltà arrivarono dentro la sfera e iniziarono ad ispezionare il luogo pieno di scale intrecciate, che si dislocavano in maniera contorta, creando una figura assurda e asimmetrica. Decisero di separarsi.
     Per quanto cercarono, non trovarono nulla, anche se l'effetto che comparve davanti gli occhi di Caos fu straordinario. Trovò Ismeria sopra la sua testa, in posizione rovesciata. Volle toccarla, anche se era uno strano effetto. Fu chiamato dalla stessa e lui, capendo che l'elfa aveva trovato qualcosa, si precipitò dov'era lei. Si congratulò e insieme tentarono di afferrare la pietra separata da una lingua di magma. 
     Ci fu un suono che lo distrasse e che lo mandò in confusione. La pietra fu agguantata da un essere veloce. Una creatura meravigliosa gli fece dimenticare tutto quello che lui si era prefissato di fare, anche di Ismeria, che tentò di farlo rinsavire. Così fu. Caos in quel momento vide cos'era per davvero quella meravigliosa "elfa" che lo richiamava: un mostro, e non era da sola!
    Ma la voce di Isme non bastò. Confuso Caos fu intrappolato di nuovo dal suono della voce di quelle creature. Ma improvvisamente il canto fu stroncato da un avvenimento improvviso. Una freccia le perforò la fronte, Ismeria aveva colpito.
    In aiuto delle nemiche vennero altri esseri a quattro zampe, con volto pieno di piume, becco appuntito e coda sottile e folta. 
    Caos estrasse la spada, pronto a combattere. Iniziò il combattimento. In tutti i modi cercarono di difendersi. Ma improvvisamente Ismeria si gettò nella lava. Alcun nemiche risero, mentre nel cuore di Caos echeggiavano i rimorsi e dal silenzioso pensiero che tutto era inutile, quasi arrendendosi. Poi, senza preavviso, l'elfa ricomparse, munita di armatura, urlando con gran voce che lei aveva l'armatura perché, a contrario degli altri popoli, le femmine della loro terra combattevano per procurarsi gli elfi migliori.
    Si ricominciò a combattere, creando il massacro più totale. Le sfere delle alabarde colpirono i due, facendoli quasi svenire. Ismeria fu schiacciata da un quatrupede e prontamente ucciso, grazie alla forza di Caos, che gli ruppe il collo.

   La pietra viaggiava qui e là, tra le mani delle nemiche, e una di loro li minacciò. Si mise la pietra sulla fronte e si ingrandì il doppio. 
    Dopo una guerra che sembrava non finire mai, riuscirono a recuperare la gemma, uccidendo la grande nemica. Riuscirono ad arrivare con i quadrupedi d'innanzi alla statua e, mettendo la pietra apposto, con sollievo riuscirono ad entrare nel passaggio che accedeva alla terra di Gamilok.
.

Capitolo quarto.

    In un istante arrivarono nella cittadina della terra. Stanchi e doloranti. Non sapevano cosa avrebbero incontrato, ma intuivano che non sarebbe stato facile trovare la terza pietra.
    Uscirono fuori dì lì, osservando il paesaggio semidistrutto.

... (lavoro in corso)....







2 commenti:

  1. Eccomi sono venuta anche nel tuo Blog - se ti và vieni a dare una occhiata al mio Blog - Il Rifugio degli Elfi ...... sarai la benvenuta !
    Buona domenica

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  2. Grazie mille. Ci vengo molto volentieri :)
    Mandami il link, così lo trovo subito. A presto.

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